Del sognare e del vivere

Del sognare e del vivere: il punto nave

In gergo nautico, fare il punto nave significa identificare la posizione di un’imbarcazione che solca il mare, utilizzando varie tecniche di misurazione, dalle più antiche e complesse come l’uso del sestante che tiene conto della posizione del sole sopra l’orizzonte, all’orientamento attraverso le stelle, o sulla base di punti fermi a terra, all’utilizzo di strumentazione elettronica che attraverso la rilevazione dei satelliti, fornisce i dati in tempo reale.

Il punto nave ci dice dove siamo, fornendoci i riferimenti che una volta collocati sulla mappa del territorio che stiamo attraversando, ci permette di cogliere la direzione, i pericoli che ci circondano, le distanze che dobbiamo percorrere per raggiungere la nostra meta. Anche quando la tempesta,sconvolge la rotta prefissata, o quando la nebbia impedisce la visione al navigante, il punto nave permette di ridefinire il percorso.

I sogni notturni hanno la stessa funzione di orientarci nel mare magnum della nostra biografia.

Ogni mattina ci forniscono la posizione lungo la rotta della nostra esistenza. Agiscono in noi lasciando un’impronta più o meno cosciente che condiziona i nostri umori e la direzione della nostra vita.

Il punto di partenza

Nell’occuparmi del mondo onirico, mi ha sempre colpito l’abisso che separa le diverse visioni riguardanti il valore attribuito al sogno.
Il fatto che ci possano essere diversi modi per interpretarne il significato profondo, non mi stupisce, tenendo conto della complessità e della ricchezza racchiusi nel simbolismo del sogno, per cui comprendo che lo sguardo dell’osservatore decida la priorità e il sentiero per percorrerla, determinando in parte l’evoluzione del processo. Questa molteplicità interpretativa a mio parere, se colta con la debita umiltà, arricchisce la visione sul sogno di una moltitudine di visioni. Ma tutto ciò implica che al sogno venga riconosciuto un senso, che và oltre la valutazione della sua realtà neurofisiologica di residuo delle arterie neurali..

Ciò da cui vorrei partire è piuttosto la necessità di superare il profondo divario sul valore assoluto del sogno che per me rappresenta una via di conoscenza per monitorare la propria esistenza. La visione logica contrapposta a quella analogica, la visione lineare a quella circolare, la possibilità di definire il mondo attraverso analisi sempre più approfondite e specifiche, o la possibilità  di infinirlo attraverso il moltiplicarsi delle immagini  dello stesso senso…la predominanza dell’emisfero sinistro piuttosto che di quello destro.., la peculiarità del maschile e quella del femminile,..il ricettivo e il creativo..sono tutte formule polari che caratterizzano questa dicotomia . Questa opposizione ha sempre diviso gli esseri umani e nel separarli, li ha resi infelici, e incompleti..impedendo loro di esplorare e coniugare le infiinite possibilità che questa doppia visione può aprire. Per questo vorrei che il punto di partenza di questo lavoro scaturisse dall’impulso di colmare questo divario…il desiderio di portare una goccia in questo mare magnum di mistero che è il processo della conoscenza.

La nostra è una civiltà di veglia, che considera il sogno come una dimensione separata, ristretta alla sfera privata delle realtà sussurrate al proprio partner per intima condivisione, o al proprio analista per esplorare le vie dell’interiorità.

In realtà, i sogni nella tradizione di molteplici culture, hanno sempre rappresentato una sorta di ponte tra il mondo umano e quello divino, con una duplice funzione, profetica e terapeutica, perché questo ponte con il divino permette di ricreare ogni notte l’unità con il mondo e quindi un ampliamento della conoscenza.

Ogni cultura e civiltà ha lasciato testimonianze sulla funzione dei sogni, sulle metodiche di incubazione, e sull’interpretazione dei simboli. Nella tradizione sciamanica, permangono tecniche e rituali dell’incubazione dei sogni come ponte verso la dimensione spirituale. Le culture oniriche utilizzano i sogni per uscire dal corpo e entrare in contatto con altre dimensioni.

Oggi l’interesse per i sogni è legato soprattutto all’interpretazione e alla lettura simbolica piuttosto che all’utilizzo attivo in funzione terapeutica o di viaggio in altre dimensioni.

La possibilità di ricavare informazioni scientificamente rilevanti dall’attività dell’emisfero destro è oggetto di studio da parte di scienziati di diversa provenienza: dalla neurofisiologia alla fisica quantistica, e questo riapre la possibilità di un dialogo tra il mondo della logica e dell’analogia. Negli ultimi decenni infatti la neurofisiologia aveva relegato il sogno a “residuo” delle arterie neurali.

Per me il sogno è la possibilità di riconnettersi con la parte che sa, l’unione e il completamento con le nostre componenti interiori. Per gli sciamani il sogno attinge informazioni dalla memoria permanente presente in ogni cellula del nostro corpo, nella nostra psiche, nel nostro corpo magnetico e in ogni struttura energetica dell’universo. Per Jung il sogno è la chiave d’accesso all’immenso archivio dell’inconscio collettivo.

Sognare è un processo terapeutico in sé perché ci riconnette alla nostra dimensione interiore e globale. Durante il giorno, noi percepiamo la realtà filtrata dai nostri concetti e pregiudizi, o attraverso le nostre paure e ferite. I sogni sono una sorta di novità quotidiana, costantemente aggiornata, che testimonia chi siamo in quel preciso momento , dandoci chiavi di lettura importanti, per la nostra ricerca nella direzione di vita.

1 comment on “Del sognare e del vivereAdd yours →

  1. “Escluso”.
    Così mi ero detto e ripetuto al 3° o 4° incontro con la dott.ssa Lorenzi.
    Non credo che Lucia Lorenzi, psicologa, piemontese, conosca il significato recondito del termine triestino: “xè escluso”.
    Non è il participio passato del verbo italiano escludere, vale a dire: “Non accolto, oppure, non ammesso, estromesso”.
    No: nel linguaggio comune, a Trieste, “escluso” equivale al romano: “Nun se po’ fa’…”, cioè, non ha senso farlo, non ci sarà alcun beneficio, alcun risultato.
    Finito, escluso.
    Da uomo pragmatico, razionale, con elevate qualità organizzative e gestionali, questo era lo stato d’animo con il quale mi preparavo a raccontare i miei sogni alla psicologa.
    E tra me e me dicevo: “Ma chi sarà mai questa”?
    Uno scugnizzo napoletano che ti vende i numeri della cabala, interpretando o mistificando i tuoi sogni?
    Oppure una giovane zingara che vicino allo Stadio di calcio di Trieste (nei pressi di un accampamento Sinti Rom) e ti vuole “leggere la mano” e predire il tuo futuro?
    Così ero molto, ma molto diffidente, incredulo, quasi poco collaborativo, perché ero io il primo a non credere nella metodologia terapeutica.
    Mi sono sbagliato, alla grande!
    Non so con quali ragionamenti o associazioni di idee, non conosco per quali motivi la mia bravissima psicologa si sia soffermata su alcuni aspetti del sogno (per me irrilevanti ed incomprensibili).
    Sicuramente il suo è stato un successo strepitoso, sogno dopo sogno: non solo perché io ho cominciato a crederle, ma perché con la numerologia ed altri impensabili accostamenti (per me inarrivabili, ma convincenti) ha saputo “toccare le corde del mio cuore”, arrivare all’origine di tanti dubbi, svelare paure o tensioni nascoste da 12 mesi di sofferenza e, tra “il sognare ed il vivere”, riportare in equilibrio tutta la mia vita.
    Riportare in equilibrio è un’affermazioni di straordinaria importanza: significa rimuovere ogni dubbio, dare conferme su quanto fatto in passato con la mia splendida moglie, convalidare le azioni fatte e da fare per il futuro, in un’ottica di fiducia, serenità, guarigione.
    Se mi chiedete: “Come ha fatto?” vi risponderei che non lo so, tanto profonda ed intensa è stata l’osmosi tra le sue parole e la mia percezione del “sognare e del vivere”. Una percezione che, giorno dopo giorno, sogno dopo sogno, si è trasformata in realtà, con tangibili segni e riscontri: tra di noi non si erano scambiate “chiacchiere” ma argomentazioni sorrette da esperienza, scienza e profondi studi interdisciplinari nel mondo onirico. È stato come se, all’esterno della mia psiche, la dottoressa avesse furbescamente collocato (come fece Ulisse) un Cavallo di Troia: la differenza con l’Iliade è che qui non c’è stata “furbizia” terapeutica, ma grande empatia, sensibilità, conoscenza ed amore per la propria professione.
    La dottoressa Lorenzi ha messo in campo tutto il suo sapere: la numerologia, la simbologia, tra un piatto di semolino, un germano reale e le più antiche civiltà dell’Estremo Oriente, in materia di vita, morte e reincarnazione.
    Semplicemente affascinante.
    Sono e rimango stupefatto ma ancora di più, grato e riconoscente, perché mai avrei pensato che da un sogno si potesse ricavare tanto beneficio, speranza, felicità.

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